Mafia mondiale by Aldo Giannuli

Mafia mondiale by Aldo Giannuli

autore:Aldo Giannuli [Giannuli, Aldo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2019-11-07T16:00:00+00:00


8. La mafia imprenditrice

A questo punto va chiarito cosa sia una mafia imprenditrice. Ovviamente non stiamo parlando solo dell’impresa criminale in sé: è ovvio che il traffico di droga, o qualunque altro grande business di mafia, imponga un’organizzazione imprenditoriale, per cui già per questo potremmo parlare di mafia imprenditrice. Ad esempio, già dai primi del secolo scorso abbiamo visto don Vito Cascio Ferro mettere su una flottiglia di pescherecci per il contrabbando, e altrettanto fece Lucky Luciano negli anni Cinquanta o la criminalità marsigliese, con i suoi potenti scafi blu, negli anni Sessanta.

Ed è evidente che è lo stesso riciclaggio di denaro sporco che spinge la criminalità a darsi una dimensione imprenditoriale legale (bar, supermercati, lavanderie, ristoranti, enoteche eccetera).

Ma noi intendiamo parlare anche di altro: di attività legali, non clandestine e non destinate al riciclaggio (o, per lo meno, non solo a esso), e che producano utili legali.

Negli USA si erano poste le premesse per imprese semilegali, come quelle legate all’intrattenimento (teatri, nightclub, negozi, cinema eccetera), dove, per la verità legale, e illegale (gioco d’azzardo, prostituzione, droga) si mescolavano. E, in Europa, inizialmente le cose hanno seguito la stessa traiettoria.

Poi man mano sono arrivati altri acquisti ma, negli anni Sessanta e come ha osservato qualche giornalista, il massimo era fondare una boutique per metterci dentro l’amante.

Ma con il tempo, gli acquisti di mafia hanno riguardato alberghi (anche qualche catena), industrie nei settori delle costruzioni, del tessile e dell’alimentare; nel caso russo abbiamo visto anche ditte produttrici di armi ed imprese di import-export, persino qualche banca (anche se più a scopo di riciclaggio che altro), ma è un caso diverso e particolare.

Certamente, nella stragrande maggioranza dei casi gli affari illegali non sono stati abbandonati ed, anzi, hanno continuato ad essere il core business dell’imprenditore mafioso (anche perché affari leciti che rendano quanto la droga forse ce ne sono, ma, nel caso, sono decisamente pochi).

Una cosa va notata subito: fra i vari affari «legali» della mafia imprenditrice, scarseggiano quelli legati ad alta intensità di capitale (settore auto, siderurgia, chimica fine o base), al massimo abbiamo assistito a offensive di mafia nel settore dell’edilizia oppure nel settore estrattivo (petrolio in Russia, ma da parte degli «oligarchi», che sono il corrispondente della nostra «Alta Mafia»; oppure metalli preziosi in Sudafrica, o terre rare in Cina, come vedremo), ma nel complesso le mafie (e in genere il crimine) si sono tenute ai margini del grande affare industriale. Sono mancati i capitali necessari per dare l’assalto ai settori vigilati dalle multinazionali? Pur considerando che il cospicuo ammontare dei capitali di mafia poi si frammenta in mille rivoli, non sono mancati (e non mancano) soggetti con liquidità pari a decine e decine di miliardi di dollari, che avrebbero potuto tentare inserimenti ben più rilevanti, e nemmeno sarebbe mancata la possibilità di dar vita a un forte cartello. Non è questo il punto.

La mafia è consapevole di avere un tallone d’Achille nell’origine illecita dei suoi capitali, e l’investimento in stabilimenti o grandi apparati industriali espone al rischio di sequestri.



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